La sfera luminosa

La chiesa del Santo Volto alla Magliana a Roma non sarà forse uno dei peggiori esempi di architettura sacra contemporanea, ma bisogna accontentarsi? La nostra soglia di tolleranza deve abbassarsi fino al meno peggio? Prima di passare all’opera che decora il suo interno, due concetti bisogna chiarirli. Il monumento mi è stato spiegato da uno dei collaboratori dello studio dell’architetto Sartogo, autore dell’edificio, che è stato consacrato nel 2006. Il modo con cui è stato concepito il progetto, che usa la banalotta e infelice pianta del semicerchio, è stato quello di scomporre e ricomporre a piacimento gli elementi tradizionali dell’architettura, senza che ciò possa avere un qualche significato. Il patrimonio delle forme tradizionali (cupola, abside, navata…) diventa una serie di pezzi di legno sagomati , smontabili e rimontabili come si vuole. Per cui abbiamo una mezza cupola, che potrebbe essere un’abside rovesciata, la quale si completerebbe nell’esedra esterna al rosone, con il cielo come catino. Fu Leon Battista Alberti a scrivere che dalle finestre si dovesse vedere solo il cielo, quello atmosferico s’intende, il quale non sempre ricorda la gioiosa dimora di Dio. Peccato che il progettista abbia fatto i conti senza l’oste: proprio là dove il cielo avrebbe fatto da catino absidale spunta la sagoma della villetta, preesistente, che invano s’è cercato di schermare in modo vegetale.

La direttrice che fetta la chiesa posteriormente, passando fra la semicupola e l’esedra, punta dritta alla croce, realizzata da Mattiacci, che malauguratamente, con grande disappunto del progettista, si mimetizza perfettamente con le linee verticali e orizzontali delle palazzine retrostanti, realizzate non meno di 20 anni fa….

Mi chiedo, a questo punto, se lo studio del progetto abbia tenuto conto, in qualche modo, del preesistente o se lo abbiano pensato come una cattedrale nel deserto, come un’opera assoluta e perfetta, “rovinata” dal quei palazzacci brutti.

Quello che m’ha più scioccato, tuttavia, è stata la decorazione murale posta in una rientranza dell’invaso, fra la sagrestia e la zona confessioni. Si tratta di un dipinto di Marco Tirelli, titolato Sfera luminosa. Forse non ci si rende abbastanza conto della gravità della presenza di una simile opera all’interno di una chiesa. Sarà meno grave della Madonna nuda di Verona, ma è comunque inaccettabile. Innanzi tutto, il soggetto: che cos’è? La “sfera luminosa che brilla nel buio”. L’unica associazione mentale che riesco a fare è la Morte-nera di Guerre stellari (anche se qui è una Morte-bianca). Che altro? Che vuol dire? Non è certo la “Luce che brilla nelle tenebre”, non si tratta infatti di una luce ma, tutt’al più, di un oggetto vagamente illuminato. Sono felice di sentirmi stupido, perché se non riesco a comprendere al volo il senso sacro di quest’opera, che ad altri è sembrato ovvio, penso che il problema non sia mio. E se l’opera non ha un senso sacro, mi chiedo che cosa ci stia a fare all’interno di una chiesa. Non è un’opera informale, perché due forme si vedono, circolare e sferica. Ma nella sua essenzialità è amorfa. Non è nemmeno una semplice decorazione, che la sua enigmatica presenza sembra nascondere chissà quali reconditi messaggi. Ma, oltre la mancanza di un soggetto definibile come sacro, cristiano e cattolico, questo dipinto è intollerabile perché esclude la figura umana. L’arte cristiana non può non essere figurativa e antropomorfa. Sì, nelle chiese abbondano un mare di decorazioni, anche astratte, geometriche. Ma, appunto, sono classificabili come decorazioni e solitamente fanno da contorno a scene ispirate a fatti evangelici o alla devozione verso determinati soggetti. Mai la decorazione è stata fine a sé stessa, come nelle moschee musulmane.

La rappresentazione dell’uomo ha il suo fondamento nell’Incarnazione del Verbo. Dio s’è fatto uomo (anzi, proprio carne) perché l’uomo potesse diventare dio, per grazia. Questo è ciò che incessantemente ripetono i Padri della Chiesa. L’immagine e la somiglianza, corrotte dal peccato, sono state ripristinate da Gesù. Per questo è possibile rappresentare non solo Lui, ma anche tutti i santi che, con la loro vita, hanno reso testimonianza della Redenzione, si sono resi come Cristo. Prima fra tutti, la Santissima Vergine Maria. Negare la figura umana dall’arte sacra significa negare la realtà dell’Incarnazione, rifiutare di credere che la salvezza ci è giunta ad opera dell’Uomo-Dio, rinnegare la dignità dell’uomo, rifugiarsi in uno spiritualismo dalle origine confuse, in idee della divinità di tipo agnostico, e anche in forme di latente manicheismo, che rifiutano la corporeità in nome di uno spirito puro, non contaminato dalla materia. Tutto ciò l’opera del Tirelli sembra suggerire, e riguarda anche la contigua Via Crucis di Paladino e le analoghe stazioni, di tipo informale, che popolano le bianche pareti di altre chiese recentemente costruite. La voglia di stare al passo coi tempi della Chiesa sta mettendo a rischio l’integrità del suo annuncio (in greco, vangelo), e scendere a compromessi o, peggio, allearsi con chi rinnega in tutto o in parte la verità denuncia una promiscuità pericolosa. Mi si dirà che Gesù venne per i peccatori, che cenava a casa dei pubblicani, ma il risultato era la conversione dei disonesti, il pentimento di Zaccheo, non certo la revisione del suo messaggio, o lo scendere a patti con  l’immoralità. Che la Chiesa prediliga, come sembra, il linguaggio astratto-informale, come mezzo artistico ufficiale è segno di un mutamento nella sua dottrina, nella sua visione dell’uomo e nei mezzi per ricevere la salvezza.