Introduzione alla tecnica pittorica delle icone e al suo significato

La tecnica di pittura su tavole di legno è stata oggetto di un’ elaborazione frutto dell’ esperienza di secoli, e la loro resistenza nel tempo ne è la prova. Alcune particolarità e differenze rispetto alla pittura romana su tavola, da cui si diparte la pittura cristiana, permettono anche di affermare che sono stati introdotti procedimenti che si confacessero al valore simbolico delle immagini. Nella creazione dell’icona confluisce, infatti, anche il simbolismo della tradizione artigianale pre-cristiana e pagana, secondo una concezione sacrale del lavoro attraverso la quale la realizzazione del manufatto non è che il riflesso di una realizzazione interiore.

L’uso di materiali esclusivamente naturali è diventata oggi un’esigenza che secoli fa non era necessaria, non essendovi prodotti industriali. Tuttavia l’attenzione nella loro scelta si rivela nella varietà, che ricopre tutti gli ambiti della Creazione: dal mondo vegetale, che offre la tavola e la tela (di lino o cotone) di cui viene ricoperta; al mondo animale, che offre le colle e il legante per i colori; fino al mondo minerale che fornisce la base per la pittura, i colori e i metalli.

Tutta la natura concorre alla formazione dell’ immagine, come un’offerta del mondo creato al suo Creatore. Possiamo anche pensare ad un piccolo frammento di mondo, una parte per il tutto, che si rivela nella sua natura spirituale.

In tutte le fasi di realizzazione dell’icona le scelte pratiche, tecniche, sono sempre accompagnate da un senso simbolico, essendo, nell’icona, questi due aspetti inscindibili. La materia si fa veicolo per la manifestazione del sacro, ed è naturale che anche le fasi preparatorie siano state accuratamente valutate.

La scelta del legno come supporto, oltre ad essere un materiale pratico, leggero, versatile, facilmente lavorabile, risponde altresì ad un grande simbolismo. In tutte le culture l’albero ha sempre rivestito un profondo significato, come immagine del mondo, per la sua partecipazione a tutti gli elementi (affonda le radici nella terra e nell’acqua del sottosuolo, si innalza nell’aria e nel calore del sole) e il suo sviluppa

rsi in tutte le direzioni. Come non pensare poi ai due alberi biblici che, nell’Eden e sul Golgota, segnano la condanna e la redenzione del genere umano? Cristo stesso, sulla via del Calvario, si definisce il legno verde, apparentandosi così alla croce stessa di cui era caricato.

La tavola ha il più delle volte una forma rettangolare, anch’essa allusiva al mondo manifestato, per il suo riferirsi al numero qu

attro. Essa viene scavata al centro, lasciando una cornice in rilievo, la quale protegge la pittura sottostante.  La cornice viene dipinta anche nel caso che lo scavo non venga fatto, perché essa rappresenta lo stacco tra il mondo fisico in cui viviamo e il mondo sovrannaturale in cui avviene la manifestazione del divino. Come il telaio di una finestra che si affacci in Paradiso. E tale è il senso più profondo dell’

icona. Lo scavo, chiamato “arca”, raggiunge il piano del divino sotto la superficie della tavola, e rende manifesta la radice spirituale delle cose, che rimane nascosta agli occhi carnali, ma che è lì, sotto la “pelle” della realtà.

La tavola viene poi ricoperta con una tela, incollata con colla di coniglio, che oltre ad ammortizzare i movimenti del legno e far aggrappare meglio gli strati superiori, si riferisce anche al Mandilion, il fazzoletto su cui era rimasto impresso il volto di Gesù. Ogni icona, anche di soggetto differente, ha idealmente il suo prototipo in questa immagine miracolosa, che alcuni tendono ad identificare con la Sindone di Torino.

Successivamente la tela viene ricoperta con più mani di una mistura bianca composta di colla di coniglio e una polvere bianca: gesso di Bologna o bianco di  titanio. Essa serve a creare una superficie idonea come base per il disegno e la pittura, e il  suo nitore è simbolo della luce increata di Dio da cui ogni cosa genera. La superficie bianca ancora priva di pittura rappresenta uno stato precendente la creazione; una creazione artistica in questo caso, ma così strettamente imparentata a quella Creazione che ha formato il mondo.

Successivamente si passa al disegno del soggetto che, coperto dal colore, verrà ripassato alla fine della pittura. Non si tratta solo di linee da riempire di colore, né tantomeno il colore crea autonomamente le forme. Le linee creano le forme e le rendono organiche anche se non volumetriche. I colori in polvere sono legati da tuorlo d’uovo. Esso è un chiaro simbolo di vita, di nascita e rinascita, e per questo è stato preferito ad altri collanti, volendo, con l’icona, dipingere la Vita stessa.

L’applicazione dell’oro rientra più nella semantica del colore che in quella della tecnica. L’oro è necessario nell’icona, tanto che il fondo oro è diventato quasi un sinonimo dell’arte medievale. Come metallo, l’oro non partecipa delle proprietà ottiche dei colori. Esso è pura luce e, come tale, simbolo della luce invisibile, quella che illumina i cuori degli uomini, quella che inonda il paradiso. Esso è gloria e vita divina e il suo bagliore ci attrae per il suo carattere dinamico e luminoso che fuoriesce dall’icona. Quando l’oro viene applicato in sottili linee, con le tecnica della crisografia, sui vestiti, sui troni, sulle ali degli angeli, esso evidenzia un particolare rapporto con la grazia divina, quasi che la santità dei personaggi emanasse attraverso i vestiti e gli oggetti. E’ la deificazione dell’uomo.