Aracnomorfismo

Nella totale mancanza di punti di riferimento, nel voluto disinteresse verso schemi predefiniti, riguardanti l’edificazione di una nuova chiesa, solo un gruppo appare legato a un particolare tipo di disposizione liturgica, tale da condizionarne la struttura architettonica. Il fondatore del movimento ha ideato una precisa distribuzione dei “poli liturgici” secondo un simbolismo preciso che viene chiamato ginecomorfico. Esso si basa su un’interpretazione degli arredi liturgici come parti degli organi di un corpo. Partendo dall’entrata della chiesa per arrivare al fondo, per prima cosa ci troviamo davanti al fonte battesimale, posto al centro della navata. Esso è il ventre della Chiesa da cui vengono generati i suoi figli, che escono rinnovati dalle acque battesimali. Poco oltre è posto l’altare. Esso assume la forma di una tavola quadrata, di solito bassa e di ampie proporzioni, a livello del pavimento, coperta di tovaglie. Sorvolando sul candelabro a nove braccia che vi figura a sostituzione delle canoniche due candele, esso rappresenta il cuore di questo corpo figurale, poiché in esso si compie il sacrificio eucaristico, centro della vita liturgica. Attorno all’altare sono disposte a semicerchio, a destra e a sinistra, le panche per i fedeli, i quali costituiscono le varie membra dell’organismo. Il cerchio delle panche si chiude in fondo con la sede del celebrante e con l’ambone, presso il quale è posta la croce. Non una croce qualsiasi, ma sempre e solo la medesima identica croce, valida per tutto il movimento. Tralasciando di spiegare il perché la croce sia vicino all’ambone piuttosto che sull’altare, il luogo da cui viene proclamata la Parola e l’omelia (una delle tante fatte durante la Messa, non solo dal sacerdote), è rappresentativo della bocca o della testa. Personalmente, la valutazione di siffatto simbolismo non ricorda molto un corpo umano piuttosto un certo tipo di animale che presenta un vistoso ventre, zampe che escono dalla parte centrale e una testa non troppo aggettante. Più che ginecomorfica, la chiamerei una disposizione aracnomorfica.

Ecco come la cattiva interpretazione degli elementi liturgici può essere sistematicamente applicata a numerosissime chiese, non solo appartenenti al movimento, ma sempre più spesso anche alle parrocchie che hanno la sorte di ospitarlo, condizionandone la normale vita liturgica.

In cosa consiste l’errore di questa disposizione? La Chiesa è il corpo mistico di Cristo, del resto, perché non dovrebbe essere rappresentato anche nella struttura degli edifici che lo accolgono? E difatti fin dal periodo paleocristiano è stato sviluppato un modello di pianta che riecheggiasse in forma schematica un corpo umano. Nel Rinascimento, in particolare, la riflessione si spinge a tal punto da ideare progetti che ne ricalcano le proporzioni anatomiche, accordate all’armonia matematica. Non si tratta tuttavia di un corpo generico, ma del corpo del Crocifisso e che del crocifisso ne assume la posizione. La pianta a croce latina ne è la realizzazione pratica, usata innumerevoli volte in più di un millennio di architettura ecclesiastica. Meno successo ha avuto la pianta a croce greca, tipica invece delle chiese ortodosse, e molto rara è stata la pianta centrale.

Questo simbolismo cruciforme, applicato all’architettura, non è esclusivo, ma viene integrato da altre caratteristiche, come l’orientamento rituale e il simbolismo numerico-geometrico, nonché dalle altre esigenze liturgiche. Tutto ciò, a quanto pare, viene totalmente dimenticato nelle strutture del movimento in questione che applicando un generico corpo, non quello del Crocifisso, all’edificio ecclesiale di fatto manifestano un antropocentrismo del tutto autoreferenziale.

Un’altra caratteristica costante nell’architettura tradizionale, e sempre presente indipendentemente dalla soluzione adottata nella struttura, anche per le chiese rotonde, è stata sempre il decentramento dell’altare, spostato all’estremità orientale (o idealmente tale) dell’edificio, meglio se all’interno di un’abside o di una parte aggettante rispetto al perimetro delle mura. Essendo Cristo il capo del corpo della Chiesa, sembra naturale porlo non al centro della struttura, ma ad un suo estremo, come vertice ideale cui tende tutta la costruzione. L’importanza dell’orientamento (del tutto assente nell’architettura moderna) fa sì che lo sguardo di tutti sia rivolto all’orizzonte della Parusia, all’Oriente che indica il sorgere del sole, immagine di Cristo, sole di giustizia e luce del mondo. La separazione dell’area del presbiterio da quella della navata rende evidente che non si tratta di un semplice banchetto terreno, piuttosto di un atto che si situa nell’eterna liturgia che si svolge in paradiso, con gli angeli e i santi, ove Gesù sempre offre la sue piaghe e intercede per il mondo. Non bisogna dimenticare, infatti, che il sacerdote agisce in persona Christi, e come tale offre il suo eterno sacrificio al Padre, in nome di tutta l’assemblea e per la salvezza di tutti. La sua posizione “di spalle” indica proprio il suo rivolgersi a Dio mentre la sua identità umana viene assorbita dal suo ruolo liturgico. Il sacerdote e tutta l’assemblea offrono il loro sacrificio comune alla misericordia divina e ciò che offrono è il Corpo e il Sangue del medesimo Cristo. La posizione odierna del celebrante, che si pone di fronte ai fedeli, annulla il senso dell’orientamento della preghiera nel momento in cui si rivolge a Dio e non al popolo, mentre produce goffi escamotage (come guardare il soffitto) per ovviare all’inconveniente, mentre il protagonismo del sacerdote rischia di eclissare il suo ruolo di mediatore fra la terra e il cielo. L’azione liturgica risulterà essere ancor più centrata solo nell’assemblea nel momento in cui l’altare vi viene posto al centro. L’orizzonte della trascendenza viene totalmente negato in favore di un’azione puramente contingente e comunitaria.

La posizione dell’ambone è stata varia nel corso dei secoli. All’inizio esso era posto al centro della navata, onde tutti i fedeli potessero udire la proclamazione delle Scritture, ma anche perché la predicazione del Cristo è avvenuta fra le folle che lo seguivano. Un’azione di ammaestramento ben diversa da quella sacrificale che si svolge sull’altare. Qui non si tratta della “bocca” del Salvatore, ma dell’attualizzazione della sua Parola che risuona, oggi come allora, alle orecchie e ai cuori dei fedeli riuniti. Ben presto l’ambone indietreggiò fino ad arrivare al bordo del presbiterio, segno della provenienza celeste e divina del Verbo annunciato. Nel periodo barocco (ma anche nella Chiesa ortodossa) esso scomparve del tutto, poiché le letture si svolgevano ora direttamente sull’altare, oppure il Libro era portato a mano e retto dal suddiacono nelle Messe solenni. La sua riapparizione potrebbe essere un’occasione di solennizzare l’annuncio del Verbo, ma la sua posizione dovrebbe essere quella di prossimità rispetto alla comunità, poiché è ad essa che viene rivolta l’attenzione. E’ davvero assai curioso che i due principali arredi liturgici si ritrovino invertiti nella nuova disposizione aracnomorfica, dove l’altare precede il leggio.

Si potrebbe pensare a una sorta di rovesciamento di simbolo, dell’inversione dei significati legati alla liturgia, le cui conseguenze, coscienti o meno, sono di natura uguale e contraria a quelle del corretto simbolismo. Lungi dal voler tacciare di malizia l’ideazione di tale disposizione liturgica, che presuppone l’edificazione di edifici di forma per lo più rotonda, ma che vede anche la modifica di edifici storici, si tratta molto più prosaicamente del tentativo di ridare un senso ai luoghi della celebrazione eucaristica, soprattutto a seguito del tentato smantellamento dell’antica liturgia della Chiesa. Sconcerta pensare che, piuttosto di andare a recuperare, approfondire e comprendere il senso degli antichi simboli dell’autentica tradizione liturgica cristiana, se ne siano inventati di totalmente nuovi, del tutto arbitrari e peregrini. Ciò non dovrebbe stupire, laddove la liturgia post-conciliare è caratterizzata da una “creatività” che altro non è se non l’arbitrarietà di adattare il messale ai propri gusti ed esigenze, perdendo totalmente di vista la dimensione trascendente e divina dell’azione sacra. Se in tale gruppo cattolico gli accomodamenti fatti alla celebrazione sono particolarmente evidenti e costantemente applicati, essi rivelano la comune tendenza a inventare soluzioni sempre diverse nel culto, la qual cosa si riflette nella sistemazione dei suoi arredi. Lo sperimentalismo dell’architettura degli ultimi tempi ne è la controprova, accomunato solo dal rifiuto aprioristico degli elementi della Tradizione.