SACRUM COMMERCIUM

Scarpe allineate sui ripiani;

santi impietriti fanno capolino fra le colonne;

giovani eleganti si accalcano nell’esiguo spazio lasciato libero dagli espositori;

angeli di stucco innalzano il vessillo della croce;

borsette, buste, scatole;

altari di marmo abbandonati alle pareti;

Nei rettangoli vuoti, dove albergavano tele dipinte, si animano nuove pale d’altare: ragazze sensuali e ammiccanti vi sono proiettate ad annunciare la nuova collezione primavera-estate.

Chi fosse entrato nello Spazio multimediale S.Francesco di Civitanova Alta il 5 febbraio si sarebbe trovato di fronte, anzi immerso in questo happening senza dubbio all’ultimo grido. Nulla di male, ormai è uno spazio fuori dal culto, sconsacrato, mica è ancora una chiesa! Peccato che della chiesa mantenga ancora tutto, eccetto le pale, appunto, degnamente  rimpiazzate da video-spot pubblicitari.

Gesù cacciò i mercanti dal Tempio, si sa, sebbene i mercanti fossero anche necessari al culto, poiché vendevano gli animali che dovevano essere sacrificati in offerta a Dio.

Ora che il Tempio non è più tale, ecco che i mercanti sono ritornati, in grande stile, affrancati da ogni legame con il culto e la devozione, anzi, provocatoriamente riconsacrando l’edificio alla religione bicefala dei nostri tempi: apparire e spendere. I nuovi idoli hanno il fisico perfetto e lo sguardo provocante, le nuove oblate sono carte magnetiche da strisciare, per poter ricevere la comunione con un nuovo paio di scarpe da indossare, emblema di tutto ciò che potremmo essere, caparra di una perfezione estetica che gli irraggiungibili testimonials promettono.

Tutto ciò è un indizio palese della galoppante secolarizzazione che giunge a toccare anche la provincia italiana. Ma ancora più inquietante è la tangenza che una simile manifestazione ha con analoghe riconversioni attuate durante il regime sovietico, quando le chiese ortodosse erano trasformate in palestre, piscine o, peggio, in bagni pubblici. Al culto di Dio si sostituiva quello del corpo e dell’uomo. Ciò avveniva in un regime ateo.

Qui, in uno stato laico, le nostre chiese “in eccesso” diventano spazi multimediali, sale per conferenze, mostre, concerti. Meglio un edificio restaurato, del resto, che una chiesa fatiscente. Una volta connotato in senso neutro, ecco che la sala polivalente diventa palcoscenico di eventi glamour, cosicché dal sacrum commercium si passa senza cesura alla vendita di scarpe.

Si tratta di un uso che valorizza il nostro patrimonio religioso e culturale o di un abuso che ridicolizza, in modo smaccatamente mondano, la nostre radici cristiane? Una chiesa sconsacrata ha ancora una dignità tale da imporre un impiego conforme alla sua originaria destinazione o in essa può svolgersi qualsiasi cosa? Che cosa è accettabile o inaccettabile all’interno di uno spazio che, a tutti gli effetti, si presenta con un carattere non solo artistico ma anche sacro e liturgico?