Casa, corpo, tempio.

In un’era dove nulla ha più un senso profondo, semmai solo soggettive interpretazioni, anche la casa è diventata un nucleo abitativo, quattro pareti e un soffitto, cucina, bagno, letto. Incasellata in condomini ciclopici, essa non comunica più l’individualità di chi la abita.

Perché la casa non è soltanto un riparo atto a soddisfare le esigenze primarie dell’animale umano, essa è un’espansione dell’essere, quasi un corpo più grande del nostro corpo che, come le espressioni del volto o la gestualità, esprime nell’arredamento e nella sua gestione la particolare personalità di chi vi abita. La casa è modellabile a piacimento, modificabile, perché sia quanto più possibile immagine di noi stessi, allo stesso modo in cui curiamo il nostro corpo e ci vestiamo secondo il nostro gusto.

La casa come simbolo del corpo è variamente rintracciabile nella tradizione giudaico cristiana.

Nel Libro della Sapienza troviamo: “perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni”. (Sap. 9,15)

In Giobbe si afferma: “Ecco, dei suoi servi egli non si fida e nei suoi angeli trova difetti, quanto più in coloro che abitano case di fango, che nella polvere hanno il fondamento!” (Gb 4,18-19)

La casa di fango (e molte case lo erano davvero fino a un secolo fa!) e la tenda sono immagini eloquenti della realtà umana, fragile e transitoria.

Tuttavia questa umile (da humus cioè terra) condizione viene vivificata dallo Spirito infuso da Dio:

“Allora il Signore plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.”(Gn 2,7)

Ancora Giobbe: “Lo Spirito di Dio mi ha creato, e il soffio dell’Onnipotente mi fa vivere” (Gb 33,4)

In molteplici passi, la Scrittura ci mostra il dualismo fra un corpo caduco e passeggero e uno spirito di carattere divino. Una contrapposizione che reca tutto il dramma dell’esistenza e che sfiorerebbe il manicheismo se lo stesso Verbo di Dio non avesse assunto su di sé l’intera natura umana, salvandone anche il corpo. Anzi, tanto è profonda la realtà dell’Incarnazione, che Gesù stesso ha voluto lasciarci, come pegno della sua presenza, proprio il suo Corpo e il suo Sangue affinché Lui abitasse in noi e noi venissimo incorporati in Lui e nel suo corpo mistico che è la Chiesa. Meravigliosa Comunione che ci fa partecipi della medesima gloria di Dio!

Quindi, un corpo mortale, abitato da uno spirito eterno, il quale trova vera redenzione nella comunione al corpo e sangue di Cristo e nel ricevere lo Spirito Santo.

Solo una persona, molto prima degli eventi pasquali, fu degna di avere un tale privilegio. Nella Concezione virginale del Verbo, Maria, la Tuttasanta, formò nel suo grembo il corpo del Salvatore, per opera dello Spirito Santo. Ella è immagine inimitabile di ogni credente, che nell’azione del Paraclito vede nascere in sé la presenza trasformante del Cristo. Così, la dimora d’argilla diventa dimora di gloria, la tenda di pastori diviene Arca dell’Alleanza. E l’Assunzione di Maria testimonia anche della metamorfosi del corpo, da corruttibile in eterno. E’ così che la casa di fango diventa Tempio dello Spirito Santo, come più volte ribadisce S.Paolo nelle sue Lettere, intimando di considerarlo non come qualcosa di separato dall’anima, ma come suo inscindibile contenitore, da conservare in modo puro e irreprensibile.

Anche la pietà liturgica ha sapientemente posto l’accento sulla fragilità della nostra casa materiale in confronto alla santità dell’Eucaristia. Tre volte vengono ripetute le parole del centurione:

“Domine non sum dignus ut intres sub tectum meum, sed tantum dic verbum et sanabitur anima mea”.

La Santa Casa, testimone unica dell’evento dell’Incarnazione è stata da pochi giorni privata della presenza del Santissimo Sacramento, già posto nel tabernacolo sull’altare. Essa, immagine davvero umilissima, nelle sue nude pareti di mattoni, dell’umanità della Vergine, ha visto l’inizio del compiersi della salvezza, è stata spettatrice dell’apparizione dell’Arcangelo Gabriele, ha ascoltato il “fiat” in cui Maria si riconosceva serva dell’Onnipotente.

Lì il Verbo si è fatto carne.

Ed ora, proprio quello stesso Verbo Incarnato, presente nelle specie eucaristiche, viene espulso dalla Santa Casa, immagine del corpo immacolato di Maria che ha fecondato il Salvatore, emblema della Chiesa tutta, animata dalla presenza costante di Gesù, simbolo del fragile corpo dei fedeli santificati per mezzo della Comunione sacramentale.

Il Tempio ritorna a essere una casa di mattoni, la casa è santa solo come cimelio storico-devozionale.

Lì il Verbo s’è fatto carne, ma non vi abita più.